Nelle ultime visite ho potuto incontrare diversi frati che vivono in situazione di guerra e di diverse forme di tensione sociopolitica. Penso ai fratelli di Ucraina, di Siria e Libano, di Israele e Palestina, di Guatemala, Nicaragua, Panama e il resto di America Centrale; Haiti e Cuba, Sudan e Sud Sudan, fino al Mozambico nord. Visiterò presto i fratelli in Congo e soprattutto nella zona est, nel Kivu, zona molto tormentata. Penso a quelli che vivono in Myanmar, Sri Lanka, Filippine del Sud, Russia, come in diverse altre parti di America Latina, come di Africa e di Asia. Non è possibile nominarli tutti.
Una caratteristica comune è quella che i fratelli restano vicini alla loro gente, condividendone la sorte, le difficoltà, spesso le lotte più giuste per la pace e la giustizia. Questo avviene anche esponendosi in prima persona.
Rimanere accanto alle persone, ai cristiani e non solo, è un modo di tradurre la parola della nostra Regola: i frati che per divina ispirazione vanno tra le genti… Corrisponde, infatti, alla nostra vocazione andare e restare tra e con le persone, cristiani e non. Come ci ricordano le Costituzioni all’art. 89 §1: “La testimonianza della vita, ossia la silenziosa proclamazione del Regno di Dio è un inizio e la prima forma di evangelizzazione, e da tutti i frati, tanto chierici che laici, predicatori, oranti o “lavoratori”, giovani e vecchi, sani e infermi, può e deve manifestarsi, di modo che, mentre conducono una vita da minori in Fraternità, professino di essere cristiani”.
Ecco l’occasione per tornare sempre di nuovo al centro della nostra vocazione.
Questo è veramente uno dei segni dei tempi di questa epoca che stiamo vivendo, in mezzo a un’umanità inquieta e molto provata in questo momento della storia. Questo è anche un invito per tutti noi, frati minori sparsi nel mondo, a non dimenticare che viviamo la nostra vocazione evangelica di fratelli e minori nelle realtà concrete in cui viviamo. Ovunque queste sono difficili e i fratelli che vivono in situazioni più tese ci aiutano a ricordarlo.
Abbiamo così anche l’opportunità preziosa di crescere nel senso di appartenenza alla fraternità di tutto l’Ordine diffusa nel mondo. Quello che i fratelli vivono in un continente o nell’altro tocca tutti e ci appartiene. Per questo facciamo nostre le ansie e le speranza, le gioie e le sofferenze dei fratelli che vivono in zone del mondo più provate, anche impegnandoci a conoscerle meglio, a pregare per loro e a sostenerli per quanto possibile.