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Celebrare la Pasqua di Francesco d’Assisi 1226-2026

Nella società contemporanea, il pensiero della morte viene spesso rimosso, non solo perché ci ricorda che siamo creature limitate, ma anche perché lascia scoperte quelle false sicurezze che ci fanno sentire padroni del tempo e della vita. Francesco d’Assisi, invece, accoglie sorella morte cantando, perché ha capito che essa non è la fine di tutto ma il fine che ci permette di entrare nella comunione piena con Dio. Infatti, la vita è un dono che deve essere restituito: «Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre» (Lettera a tutto l’Ordine 29, FF 221).

Alla fine dei suoi giorni, Francesco contempla la sua vita e scopre la presenza e l’azione del Signore dappertutto, perciò nel Testamento ripete come un ritornello: «Il Signore dette a me, frate Francesco… Il Signore mi dette tale fede nelle chiese… Il Signore mi dette e mi dà una così grande fede… E dopo che il Signore mi dette dei fratelli, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo» (Testamento 1-14, FF 110-116). È lo stesso atteggiamento di Chiara d’Assisi quando scrive il suo Testamento, negli ultimi giorni della sua vita. Infatti, anche da lei Dio viene riconosciuto come il Donatore, a cui si deve rendere grazie per tutti i doni che elargisce, particolarmente per quello della vocazione (cf. Testamento di santa Chiara 1-2, FF 2823). Celebrare gli 800 anni della Pasqua di Francesco d’Assisi è un invito a contemplare la nostra storia personale e quella della nostra Famiglia Francescana con uno sguardo di fede, che sappia cogliere la presenza e l’azione divina in tutto, anche nelle situazioni difficili e drammatiche che abbiamo vissuto o che dobbiamo vivere nel tempo presente. È una opportunità per ringraziare Dio per tutti i doni che ci ha elargito, particolarmente per il dono di Francesco d’Assisi e della sua esperienza evangelica, che è diventata un carisma articolato in variegate sfumature di sequela e di apostolato, e che ancora oggi ha la forza di interpellare donne e uomini di tutte le culture, tanto al di dentro come al di fuori della Chiesa cattolica.

Vicino al suo transito, Francesco diceva ai suoi fratelli: «“Cominciamo, fratelli, a servire il Signore Dio, perché finora abbiamo fatto poco o nessun profitto”. Non credeva di aver conquistato il traguardo e, perseverando instancabile nel proposito di un santo rinnovamento, sperava sempre di poter ricominciare daccapo. Voleva rimettersi al servizio dei lebbrosi» (1 Celano 103, FF 500). La Pasqua di Francesco ci ricorda che ogni giorno è una opportunità per ricominciare, per rinnovare la nostra risposta alla chiamata del Signore che ci invia al mondo intero, come fratelli e sorelle, per rendergli testimonianza con le parole e le opere, in modo da attirare tutti all’amore di Dio (cf. Parafrasi del Padre nostro 5, FF 270).

Infine, celebrare il transito del Poverello è un’occasione per ricordare che tutti noi siamo chiamati alla santità, e che come lui, siamo invitati a rispecchiare la bellezza del Vangelo e della nostra vocazione francescana, perché «la santità è il volto più bello della Chiesa» (Gaudete et exsultate 9).

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