Estratto da "L’Islam e il dialogo interreligioso: una visione musulmana" di Irfan A. Omar, Marquette University
L’Islam, in quanto religione, è sorto in un contesto nel quale fra gli arabi esistevano comunità cristiane ed ebraiche, uniche a professare il monoteismo fra le varie tribù. Coloro che diventarono poi musulmani avevano dunque sempre conosciuto molte delle figure appartenenti all’eredità ebraica e cristiana, come Abramo e Agar. Dopo la nascita dell’Islam, questi personaggi diventarono parte integrante del credo della nuova religione, anche se ora venivano visti in una luce leggermente differente. Ciò venne considerato uno sviluppo naturale perché l’autopercezione dell’Islam era quella di essere una continuazione di queste religioni precedenti. Da un punto di vista storico, riconoscendo queste religioni, l’Islam ha cercato di entrare in relazione con i loro fedeli e anche di riferirsi loro come parte della famiglia delle religioni (
ahl-i-kitāb). Questo è il contesto all’interno del quale bisogna collocare l’approccio dell’Islam al dialogo interreligioso. Visto in quest’ottica, l’Islam è stato dialogico fin dalla sua nascita. Tuttavia, questo è il lato ideale della storia. In ambito politico, l’Islam è stato anche usato come un mezzo per lo scontro e la conquista degli altri. Questi «altri» sono stati spesso definiti, per convenienza, come altri dal punto di vista «religioso» e/o «culturale». Sebbene il Corano parli delle differenze come reali, esso condanna l’uso della nozione di «differenza» come pretesto per demonizzare o soggiogare gli altri. Il Corano vede la diversità di popoli, culture, lingue e perfino religioni come un elemento di forza (anzi, una «misericordia» di Dio) piuttosto che come un problema.
Oggi i musulmani, insieme ai capi religiosi, praticanti e attivisti di molte altre tradizioni, continuano ad impegnarsi per entrare in dialogo e favorire scambi al fine di creare e mantenere la pace. L'aumento della violenza religiosa ha spinto molti a cercare una sapienza comune e a portare avanti insieme una lotta contro le narrative d'odio che si diffondono. Nessuna religione è stata immune al poter contare fra le sue fila gruppi che hanno commesso atti terribili contro altri. In alcuni casi, queste vittime «rese altri» appartengono ad una tradizione religiosa differente ma, in altri casi, si può trattare di individui e gruppi di una setta all'interno della stessa religione. Per questo, ogni individuo deve prendere su di sé la responsabilità di rispondere alla cultura dell'odio che cerca diraggiungere il suo scopo creando un «altro» sulla base della «diversità», portando poi spesso alla violenza in nome della religione. In un mondo globalizzato, ogni ferita che tocca un essere umano, una comunità o qualsiasi altro essere vivente, ha un impatto su tutti noi e in molti più modi di quelli che un tempo immaginavamo.
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L'Ordine è profondamente grato agli editori e allo staff di
Franciscan Media (USA), che ha preparato per noi l'opuscolo. Per comodità, la
Commissione Speciale sta anche serializzando l'opuscolo, in modo da averne un senso migliore del suo contenuto.
Immagine: Niccolò Monti di Pistoia, San Francesco davanti al Califfo, Chiesa di San Francesco, Cortona